lunedì 7 maggio 2012

Thorsten Kirchhoff



L'artista Ennio Di Vincenzo la Sua tragedia e della sua amata Città dell''AQUILA



di Mario Lunetta
È mancato qualche giorno fa, non per terremoto ma per malattia – quel cancro che sempre più si rivela il cancer oecumenicus di cui qualcuno parlò in letteratura negli anni Ottanta – il pittore aquilano Ennio Di Vincenzo. Era un uomo, Ennio, e un amico carissimo, pieno di coraggiosa generosità, di slanci, di azzardi di linguaggio anche crudeli. Triturava nelle sue opere straordinarie di forma densamente plurale appunto la crudeltà del mondo Ne ribaltava la stupidità in puro dinamismo e in pura fedeltà a una visione laica e curiosa della vita. Ne accentuava le contraddizioni risolvendole in rischiosa bellezza priva di aura, attraverso il dominio sempre meravigliosamente stupito di materiali eterocliti: gli acrilici, i metalli leggeri, le lastre, la carta, la terracotta, il vetro antisfondamento, e via, e via, come se nulla gli bastasse di ciò che è natura e di ciò che è prodotto industriale.
Ennio non è più con noi. Non è più fisicamente con i suoi cari: la moglie Anna Maria Giancarli, poetessa tra le più inquiete e mordenti della sua generazione; la figlia Alessandra con la sua intelligenza folletta; l’amato genero. Non è più fisicamente con noi, che gli abbiamo voluto un gran bene e ne abbiamo amato e sostenuto il lavoro attraverso gli anni. Sono con noi i suoi quadri, gli oggetti d’arte elaborati e fulminei che le sue mani e la sua testa hanno messo al mondo con infinita pazienza e infinito furore; e ci viene da dire, irrefrenabilmente: Ennio caro, ti sei battuto con tutte le forze della tua intelligenza e del tuo talento contro la volgarità e la malafede, la superficialità e la sottocultura che sono la poltiglia immortale in cui siamo immersi: per questo credo ti si possa considerare un eroe, come Leopardi considerava qualsiasi artista degno del nome. Addio.















arte trasalimenti ideato e curato da gabriele di pietro.