giovedì 6 gennaio 2011

Francis Bacon_arte_trasalmenti


Come un Caravaggio novecentesco, Francis Bacon è diventato un'icona inossidabile dell'artista maledetto. Merito di un mito alimentato da lui stesso e dalla sua vita: i contrasti col padre tirannico, i viaggi a Berlino e Parigi negli anni Trenta, l'omosessualità dichiarata, gli amori violenti, la passione per il gioco, per i pub working class dell'East End come per le casse di champagne Krug. Fama cresciuta dopo la morte nel '92, alimentata dalla clamorosa ricomparsa di alcune opere alla galleria newyorkese di Tony Shafrazi nel ‘99 e dall'impennarsi delle quotazioni: in febbraio a Londra Christie's ha battuto un suo Trittico per oltre 23 milioni di sterline, Sotheby's uno Studio di Figura per 19.9, senza uguagliare il record assoluto di 26.5 milioni.



Al di là dei clamori, di Bacon restano soprattutto i dipinti, carichi di un'energia dirompente che vale la pena di incontrare di persona. La grande mostra che inaugura stasera a Palazzo Reale (su invito), ne riunisce un'ottantina, dal '29 al '90, provenienti da tutto il mondo; un buon numero, visto che anche la Tate di Londra, il Metropolitan di New York e il Reina Sofia di Madrid si preparano a festeggiare con esposizioni il centenario della nascita del pittore (il 28 ottobre 1909 a Dublino).


 Ben allestita, curata da Rudy Chiappini (che già nel '93 aveva firmato la prima retrospettiva di Bacon a Lugano) e coprodotta con Arthemisia da Skira,

la mostra consente di seguire anche l'evoluzione tecnica dell'artista, l'accumularsi progressivo delle pennellate sulle figure, le sprezzature, l'abitudine a striare il colore con un pettine, a schizzarlo in macchie dense, a dipingere non sul lato bianco