mercoledì 8 dicembre 2010

Felice Casorati_arte_trasalimenti

Felice Casorati, Ritratto di Silvana Cenni, 1922, tempera su tela, cm 105x205, collezione privata, Torino
Felice Casorati, noto pittore italiano, nasce a Novara il 4 dicembre 1886 e vive in varie città, seguendo gli spostamenti della famiglia, dovuti alla carriera militare del padre, erede di una famiglia di medici e matematici di chiara fama.
Appassionato di musica, scopre la pittura solo verso i diciotto anni quando, in seguito ad una malattia è costretto a passare un mese in campagna senza l'adorato pianoforte e suo padre, pittore dilettante,  per consolarlo gli regala una grande scatola di colori.
I suoi primi lavori sono vagamente espressionistici, per la maggior parte sono ritratti della madre e delle sorelle, eseguiti a matita ed a pastello.
Laureato a Padova in giurisprudenza, Felice Casorati continua a dipingere e, prima di raggiungere la sua più nota maniera metafisica, vive un lungo periodo liberty.

''Giocattoli'' 1915

''Preghiera'' 1913


''L'attesa'' 1918-19


''Notturno:uova'' 1959

Muore a Torino il 1° marzo 1963

Jasper Johns_arte_trasalimenti


Jasper Johns (Georgiano di nascita) si trasferisce a New York (23enne) e subito provvede a distruggere tutte le sue precedenti opere facendo tabula rasa del suo passato.
Da quel momento in poi, per circa 5 anni egli si dedicherà a dipingere e disegnare prevalentemente Bersagli e Bandiere.
Si tratta di figure che evocano un'atrazione geometrica senza tuttavia perdere lo loro ben definita identità di "oggetto".
Il bersaglio rispetto alla bandiera è più "astratto" poiché possono variare i colori (purché siano però contrastatanti) e la larghezza dei vari cerchi concentrici.
La bandiera, ovviamente, deve rispettare i parametri originali.

John Lennon Happy Xmas (War is Over)



arte trasalimenti ideato e curato da gabriele di pietro.

Giò Pomodoro_arte_trasalimenti


Gio' Pomodoro è nato il 17 novembre 1930 a Orciano di Pesaro, un piccolo paese della campagna marchigiana, vicino a Urbino.
Nel 1955 collabora attivamente alla rivista "il Gesto", e con Dorazio, Novelli, Turcato, Tancredi, Perilli, Fontana ed il fratello Arnaldo partecipano alle mostre del Gruppo "Continuità" presentate da Ballo, Argan, e Russoli. In seguito si stacca dal gruppo ed indirizza la sua ricerca verso la "rappresentazione razionale dei segni".
 
 
 
 
 
 


Di quattro anni più giovane del fratello, Giò Pomodoro, in unione con lui in gioventù nella realizzazione di gioielli («gruppo 3 P») alle gigantesche oreficerie di Arnaldo contrappone dei rilievi in bronzo dalle vaste superfici fluttuanti (Bandiera di Majakowskij, Grande folla del '66) per poi passare a monumentali costruzioni di blocchi in marmo e in pietra rigidamente squadrati che nel loro affiancarsi e sovrapporsi quasi pesanti architravi su massicci pilastri aprono liberi varchi allo spazio a similitudine di portali o finestre dentro i quali irrompe la luce solare.
Il sole infatti, anche se non sempre rappresentato o simboleggiato, è il dichiarato protagonista di molte di queste creazioni cui Pomodoro annette dei significati ideologici e sociali senza dubbio da lui sinceramente sentiti e vissuti e che comunque, nella loro assoluta astrazione e nella loro calcolata «misura», riescono a dare una precisa qualificazione estetica ai luoghi in cui si svolge la vita dell'uomo d'oggi .


Pietro Cascella al Planetario. I segreti del cielo



La Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma riapre dopo due anni di restauri l’Aula ottagona delle Terme di Diocleziano, ai più nota come Il Planetario. Con l’occasione, lo spazio accoglie la mostra “Pietro Cascella al Planetario. I segreti del cielo” curata da Elena Pontiggia. Il binomio non è casuale. Infatti, in molti ricordano la suggestione del firmamento all'interno del Planetario che dal giorno della sua inaugurazione, il 28 ottobre 1928, detenne a lungo il primato di più grande d’Europa, grazie all’ampia maglia artificiale della calotta, sorretta da snelle colonnine in ghisa, e al proiettore Zeiss, lo straordinario macchinario donato dalla Germania all’Italia a parziale riparazione dei danni della prima guerra mondiale.
Oggi vengono esposte 16 opere dello scultore scomparso nel maggio del 2008 che citano, tutte, il tema del cielo. “Sole, luna, meteore, volte celesti, costellazioni, astri ricorrono continuamente nella sua scultura, con valenze insieme complementari e antitetiche. Ci appaiono come elementi della natura e come presenze che la oltrepassano, come fonti di energia e come motivi di contemplazione, come figure circoscritte e come segni dell’infinito, come ricordi di imprese spaziali e come luoghi del mistero, come oggetto della scienza e come origine del mito”, scrive Elena Pontiggia.
Marmi, bronzi, gessi e travertino si ritrovano sotto la cupola della Rotunda Diocletiani o aula ottagona - cosiddetta per la forma della sua pianta, quadrata all'esterno ma ottagonale all'interno, raccordata da nicchie semicircolari angolari. La cupola è un mirabile esempio delle conquiste dell'architettura romana nella sua forma ad ombrello e anello di chiusura centrale. Il consolidamento e il restauro condotto dalla Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma, mirato alla messa in sicurezza del complesso, ha restituito la consistenza e la coesione alle strutture antiche. Una micro sabbiatura a pressione controllata sull’intradosso della cupola ha asportato lo strato resinoso superficiale che impediva la traspirazione della muratura e ha messo in evidenza l’originaria tessitura muraria e le costolature della calotta antica, offrendo al pubblico un’immagine rinnovata dell’ambiente termale.
Sotto questa copertura, che in occasione della mostra verrà illuminata di blu per sottolineare la sinergia tra la cupola e le opere, ben si esalta il tema dell’universo che per Cascella ha sempre avuto una rilevanza particolare e, più in particolare, nelle sculture esposte. Lui stesso definiva “interrogazione cosmica” le tante opere in cui aveva affrontato quel soggetto. “I grandi scultori, quelli dell’antichità, del passato, erano come i maghi, parlavano con lo spazio, con l’immensità, con il mistero. Queste sono le ragioni della scultura”, ha detto una volta l’artista, parlando degli antichi, ma rivelando molto anche della propria ricerca.
L’allestimento della mostra, realizzato dallo Studio di Architettura Andrea Mandara con le opere che si irradiano nel perimetro ottagonale dell’aula, beneficia del nuovo progetto illluminotecnico dello Studio Piero Castiglioni, con Alessandro Grassia. L’illuminazione, che sarà permanente, è stata pensata per far apprezzare i recenti restauri, senza tralasciare una ricerca specifica per la mostra. A questo scopo, all’impianto fisso sono stati aggiunti dei filtri blu per rievocare la volta celeste, lasciando in penombra lo spazio circostante e puntare in maniera decisa sulle opere, come stelle del firmamento. Nel complessivo progetto di valorizzazione dell’Aula ottagona, non si è trascurata l’illuminazione del portale d’ingresso che ha dismesso le vecchie luci gialle per restituire i veri colori dei materiali con una decisa luce bianca. Ancora il blu, invece, per il fornice dell’arcata d’ingresso che anticipa ed introduce alla mostra.
Per tutto il periodo della mostra, in via sperimentale il Comune di Roma ha consentito alla chiusura al traffico di via Giuseppe Romita di fronte all’ingresso dell’Aula ottagona. Inoltre, il servizio giardini ha provveduto alla potatura degli alberi per consentire una migliore illuminazione della facciata.


Ufficio stampa Electa per la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma
Gabriella Gatto
tel. 39 06 47 497 462
Via Sicilia 136 – 00187 ROMA
press.electamusei@mondadori.it

Hans Hartung_arte_trasalimenti


di Paolo Turati

Cercare di inquadrare Hans Hartung in una “scuola” pittorica risulta non solo difficile ma probabilmente anche inutile. di poterlo apparentare a quella che, circoscrivibile nell'estensione della di Parigi al “giro di boa” della Seconda Guerra Mondiale, appare già di per sé farraginosamente costituita sia nei propri componenti che nelle gerarchie delle primogeniture e che sembra trarre in questa fase della sua maturazione la propria principale ragion d'essere nel contrapporsi, in particolare nel primo Dopoguerra, a quella che è nota come di New York, si ravvisano molti motivi per poter sostenere che il Maestro franco-tedesco non sia particolarmente debitore di questo e, a maggior ragione, neppure di alcun altro sodalizio per i risultati artistici d'eccellenza raggiunti attraverso proprie opere.'altra parte, non è che le 'scuole' pittoriche determinino, alla lunga, dei canoni entro i quali, standoci dentro, si ottengano dei garantitiDi più: è molto spesso solo l'artista che esce da quei canoni, spesso comodi, quello che riesce a lasciare un duraturo nel tempo. , brutalmente, alcuni nomi ascrivibili alla Scuola di Parigi( nel periodo a cavallo della Seconda Guerra Mondiale), una città che, nello spazio di poco più di dieci anni ha perso, assieme all'Europa intera sconvolta dalla Seconda Guerra Mondiale, la titolarità di elegantiarumartistica che le si attribuiva indiscutibilmente da Millenni a completo appannaggio, com'è noto, di New York e del Nuovo Mondo. de Stael, Serge Poliakoff, André Lanskoy ( russi naturalizzati francesi), Wols( Alfred Otto Wolfgang Schultze), lo stesso Hans Hartung( anche loro entrambi naturalizzati, essendo tedeschi di nascita),





Jean Fautrier, George Mathieu rappresentano una multinazionaleeuropea“lunga”circa vent'anni di artisti nati a cavallo della prima, delle Guerre Mondiali, le soluzioni artistiche peculiari dei quali( spesso assai dissonanti fra loro ed è proprio in queste differenze, non solo nel loro ambito di ma anche rispetto ai colleghi artisti americani/zzati, che si riscontra l'estremo dinamismo qualitativo sotteso alla sostanza profonda dell'intero movimento) si sono espresse a cavallo, invece, della Seconda Guerra Mondiale. Stessa di New York, per la verità, presta il fianco a numerosi limiti di definizione A parte l'indubbio 'vantaggio competitivo' di ritrovarsi posto giusto nel momento giustoe di aver incontrato dei mentori altrettanto adeguati come la mecenate Peggy Guggenheim o il teorico dell'Espressionismo





Astratto Harold Rosenberg, non si può asserire che si tratti d'altro se non di un movimento molto ,nei propri canoni spesso labili, benché senza dubbio di sostanziale importanza per il gusto estetico della Seconda Metà del Secolo, i cui contorni restano, assai giustamente, frastagliati e ricchi di nicchie a volta personalistiche, a volte( come per il gruppo dei cosiddetti “Irascibili”) andatisi a formare per motivazioni anche non solo artistiche. Motherwell, Bernett Newman, Jackson Pollock, Franz Kline, Adolph Gottlieb, Arshile Gorky, Willem De Kooning, lo stesso Mark Rothko, molti dei quali ultimi anch'essi originari del Vecchio Continente dal quale -così come i Surrealisti ed i Dadaisti- erano emigrati susseguentemente al montare del Nazifascismo, mostrano, mutatis mutandis, aspetti di variegata disomologazione rispetto ad un denominatore comune, riscontrabile ora- peraltro principalmente- nell'painting o ora nel fields painting, quali possono essere parimenti osservati, appunto, nei pittori “restati” in Europa nonostante la Guerra di cui Hans Hartung fa, ad ogni modo e nel senso più generale, parte.importa che si assuma come paradigma che la pittura di Hans Hartung possa venire definita Espressionismo Astratto, Astrattismo Lirico o Tachismo, anche perché è proprio in un continuo divenire( molto più marcato da afflati di ricerca evolutiva rispetto a quelli, per esempio, di un altro grandissimo quale il canadese francofono Jean-Paul Riopelle, anch'egli, tra l'altro, a sua volta marito di un'artista, così come lo era stato non solo nel nostro caso Hans Hartung di Anna-Eva Bergman ma anche -fra vari altri esempi riscontrabili in merito nella storia della Pittura- lo stesso Jackson Pollock di Lee Krasner, cioè della somma espressionista astratta Joan Mitchell) che il Maestro di Lipsia ha elaborato la propria, personalissima, crescita. sperimentando indipendentemente, nelle fasi acerbe ma allo stesso tempo già estremamente avanzate della propria concezione estetica, poi intrigato dall'Astrattismo di Vassily Kandisky ( ma per nulla da questo soggiogato: Hartung non era particolarmente suggestionato dall'idea di l'infinito seguendo una serpentina),quindi attratto dalle relazioni matematiche che controllano le forme ed i colori, infine affascinato dalla gestualità, Hartung, i cui periodi artistici( più o meno decennali almeno per quanto riguarda gli ultimi quarant'anni della sua vita) appaiono più semplicemente disaminabili che per altri pittori, rappresenta, per gli svariati motivi che andremo ad analizzare, per l'Arte Moderna e Contemporanea una straordinaria “modularità”,


 nell'eccellenza estetica, difficilmente riscontrabile altrove. serenità oppure drammatico abbacinamento, ovvero entrambi, il risultato di un'evoluzione espressiva che raggiunge in Hartung un suo punto mediano nelle opere degli anni Sessanta( in particolare i primi), quale, significativamente, quella su tela 65x46 cm del 1963 esposta proprio nel contesto di questa Mostra?è un quesito peregrino. ' ben vero che dal 1960 in avanti( superati ormai gli “anni bui” e conseguiti i più ampli riconoscimenti internazionali, ivi compreso il primo premio, ottenuto quello stesso anno con votazione unanime della giuria, alla Biennale veneziana) la tecnica artistica hartunghiana assume una tipologia del tutto nuova, sicché parlare di punto mediano può apparire inesatto....